La riabilitazione funzionale del ginocchio nello sport: il salto come metodo diagnostico

Di Gian Nicola Bisciotti
In ambito sportivo le lesioni riportate dal ginocchio sono una percentuale molto alta perché quest’articolazione è maggiormente esposta ai traumi. Partendo da una precisa diagnosi è possibile procedere ad un trattamento iniziale, proseguire con quello specialistico e infine con la riabilitazione. La possibilità di riprendere l’attività sportiva è strettamente correlata alla stabilità della frattura e dalle condizioni del tessuto muscolo-tendineo che ha subito la lesione.
Il salto come metodo diagnostico.
Il salto nell’uomo costituisce un movimento che potremmo definire occasionale, molto più legato ad un modello prestativo in ambito sportivo, di quanto non lo sia nella quotidianità dei movimenti che abitualmente si effettuano. L’impossibilità di saltare non precluderebbe poi molto in termini di qualità di vita e senz’altro risulterebbe molto meno problematico di quanto sarebbe il non poter più camminare anche se, vista la sedentarietà dilagante nel nostro stile di vita, molti sedentari incalliti dovrebbero andare molto indietro nel tempo per avere memoria di aver saltato. Al di là di questo, il balzo è stato da sempre uno degli argomenti più analizzati da biomeccanici e fisiologi, probabilmente perché il salto costituisce nel nostro immaginario collettivo il movimento esplosivo per eccellenza.
A partire dagli anni venti del Novecento sono iniziati i primi studi per progettare dei test con lo scopo di misurare l’altezza del salto: i più importanti sono sicuramente il Seargent test e quello ideato da Abalakov.
Dagli anni ’70 si utilizzano nuovi protocolli scientifici per indagare i principi biomeccanici del ginocchio, come le piattaforme dinamometriche. Queste sono dispositivi in grado di misurare le forze accelerative durante un movimento come il salto. L’analisi si basa principalmente sulla misurazione del CMJ (Counter Movement Jump), ovvero il piegamento delle gambe a 90° che precede il salto.
Data la grande quantità di informazioni che questo parametro è in grado di fornire è stato attuato un nuovo approccio valutativo, interessante nel caso di una valutazione di un atleta infortunato nel quale le risposte meccaniche dell’arto leso si presentano alterate rispetto a quelle del controlaterale sano. Questa nuova chiave di lettura è resa possibile dall’utilizzo di una doppia pedana dinamometrica (Synchro Plates System by Globus Italia, Codognè, Treviso), che utilizzando le due piattaforme di forza sincronizzate, registra il segnale dinamometrico dei due arti impegnati nel CMJ e lo analizza automaticamente grazie ad un apposito software.
Il protocollo del Synchro Plates Test provvede a suddividere e confrontare i due segnali in otto diverse fasi, che sono:
1° fase o di ripartizione statica del carico: in questa prima fase l’atleta si trova in piedi in posizione statica sulla doppia pedana dinamometrica, che in questo caso si comporterà come una pedana stabilometrica, indicando la diversa ripartizione del carico sull’arto leso e sul controlaterale sano.
2° fase o di over-stretching eccentrico: la totalità della fase eccentrica si compone di due distinte fasi, nella prima l’UMT subisce una fase di veloce stiramento senza che si registri un’apprezzabile produzione di forza, mentre nella seconda fase si registra un’importante produzione di forza eccentrica.
3° fase o di massima produzione di forza eccentrica: dopo il raggiungimento del picco di accelerazione negativa, l’accelerazione verso il basso comincia a decrescere, in questa fase infatti, il soggetto, pur essendo ancora in fase di piegamento degli arti inferiori verso il basso, sta progressivamente frenando per prepararsi alla fase d’inversione del movimento
4° fase o di massima produzione di forza concentrica: immediatamente dopo il picco di massima forza eccentrica si verifica l’inversione del movimento. Ossia il soggetto osserva un tempuscolo minimo, ma comunque strumentalmente misurabile, in cui si trova in posizione isometrica (infatti la velocità registrata dalle pedane è eguale a zero), subito dopo il quale ha inizio la fase di spinta concentrica (la velocità infatti torna ad assumere valori positivi).
5° fase o di volo: la fase di volo offre comunque la possibilità di una valutazione di tipo “assoluto” sulla capacità di espressione di forza esplosiva e di accumulo e conseguente restituzione di energia elastica da parte dell’UMT, soprattutto se è possibile confrontare i dati registrati con gli stessi desunti in un periodo precedente all’evento traumatico stesso.
6° fase o d’impatto: la fase d’impatto (figura 81), ossia la fase durante la quale il soggetto riprende contatto con la pedana alla fine della fase di volo, assume un’importanza particolare, in quanto proprio in questa fase si evidenziano tutta una serie di meccanismi, di tipo protettivo, atti alla salvaguardia meccanica dell’arto leso.
7° fase o eccentrica di pre-stabilizzazione: subito dopo l’impatto quindi, il soggetto mette in atto una strategia d’attivazione neuro-muscolare molto particolare che potrebbe essere definita come una contrazione eccentrica preparatoria ad una fase di stabilizzazione isometrica. L’indagine di una possibile disparità di comportamento neuromuscolare, in questa particolare fase, assume un valore diagnostico molto importante.
8° fase o isometrica di stabilizzazione: l’ottava fase indaga una possibile alterata ripartizione del carico, nel momento in cui al soggetto venga richiesta una contrazione di tipo isometrico.
Per saperne di più: Gian Nicola Bisciotti. Il ginocchio. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2007.