Carico psichico nel calcio professionistico

A cura di Mario Gulinelli

 


L'immagine della testata di Zidane a Materassi nella finale della Coppa del mondo di calcio è diventata un cult che è ancora negli occhi di tutti ed è stata una ulteriore, clamorosa dimostrazione visiva che, al di là di ciò che può essere avvenuto tra i due atleti, anche i giocatori più esperti e di valore internazionale, che giocano da anni al massimo livello, sono sottoposti a stress tali da non riuscire a controllare le loro reazioni, senza pensare alle conseguenze sulla loro prestazione e su quella della loro squadra. Nel calcio professionistico è ormai evidente che per varie cause (interessi economici, attenzione dei mass media, intensità dell'impegno psicofisico dovuto all'incremento delle partite in una stagione) è aumentato non solo lo stress fisico, ma anche quello psichico sia del singolo giocatore, sia di tutti i componenti di una squadra. Malgrado l'esistenza di questo problema le ricerche sulle reazioni allo stress psichico nel calcio professionistico di alto livello, finora, non sono state numerose.

 

Dietrich Hans Hermann dell'Istituto di sport e scienza dello sport dell'Università di Heidelberg ha passato in rassegna i risultati di alcune ricerche condotte nel calcio (maschile) e li ha riassunti in un articolo pubblicato nella rivista tedesca di medicina dello sport (Hermann H. D. Psychische Belastungsreaktionen im leistungsorientierten Fussball - Übersicht und Trainingsmöglichkeiten, Deutsche Zeitschrift für Sport Medizin, 57, 5, 2006, 138-141) osservando, all'inizio che esistono vari strumenti per determinare il carico psichico percepito e le reazioni ad esso, come lo STAI (State-Trait-Anxiety-Inventory) o il Poms (Profile of Mood States), e che per studiare il tema dell'ansia e della percezione dello stress nello sport si impiegano sempre più anche strumenti specifici quali il CSAI (Competition-Trait-Anxiety-Inventory) il RESTQ-Sport Features (Recovery Stress-Questionnaires for Athletes-Sport Features).

 

Oggi come in passato, però, esistono scarse ricerche, scientificamente fondate, sulle reazioni al carico psichico negli sport di squadra. Ciò riguarda anche il calcio. Le ricerche disponibili affrontano problemi come le differenze dal punto di vista dell'ansia pre-gara tra un buon giocatore e uno di minore valore, il rapporto tra umore e prestazione, come viene percepito il carico in situazioni diverse di gioco e come i giocatori di riserva riescono a superare la rabbia per non essere impiegati, ecc. I loro risultati dimostrano sia l'importanza delle reazioni psichiche al carico nel calcio professionistico di alto livello, sia anche l'efficacia di strategie cognitive d'intervento sui fenomeni psico-somatici dell'ansia, derivate soprattutto dal campo della terapia del comportamento. Le ricerche passate in rassegna dimostrano che le reazioni psichiche al carico svolgono un ruolo notevole nel calcio professionistico, per cui considerata la sua importanza, è ancora più stupefacente la scarsità di ricerche su questo tema condotte in tutto il mondo, mentre, per quelle esistenti, non si può parlare di risultati consistenti o riproducibili.

 

Se si considera che le reazioni psichiche individuali sono strettamente legate alla capacità di prestazione nelle condizioni di stress competitivo, sarebbero necessari ulteriori sforzi di ricerca, possibilmente interdisciplinari. Gli stress psichici sono immanenti ad ogni sport competitivo, perciò occuparsene rappresenta un importante compito dell'allenatore che dovrebbe riuscire a controllarli in modo tale che non abbiano conseguenze sulla prestazione del singolo giocatore e della squadra. Da questo punto di vista, secondo Hermann, il metodo elettivo che ha dato buoni risultati, nella pratica della psicologia dello sport in Germania è il cosiddetto Prognosetraining (allenamento di prognosi) basato sulle ricerche e i principi della teoria socio-cognitiva dell'apprendimento di Bandura. In tale allenamento ha una posizione importante in quanto caratteristica di resistenza allo stress quella che Herman definisce aspettativa di competenza, che descrive la convinzione soggettiva di una persona di riuscire a eseguire il compito assegnatogli grazie alla propria competenza e praticamente è sinonimo di aspettativa o convinzione di autoefficacia. La sua rilevanza per la resistenza allo stress e come presupposto della capacità di prestazione sportiva, soprattutto in situazioni competitive, è stata sufficientemente provata e dimostrata, non solo teoricamente, sia per i singoli, sia per una squadra o un gruppo, nel quale l'aspettativa collettiva di competenza definisce l'aspettativa comune ai suoi componenti di essere all'altezza di un compito e riuscire a compierlo. Sulla base delle riflessioni teoriche di Bandura, i tedeschi Eberspächer e Immenroth hanno elaborato forme diverse di allenamento dell'aspettativa di competenza, che permettono di allenare e migliorare la convinzione degli atleti di riuscire ad applicare anche in gara e in condizioni di stress le competenze fisiche, tecnico-tattiche e psichiche acquisite in allenamento e, nel 1998, ne hanno esposta una applicabile al calcio.

 

L'idea fondamentale consiste nel simulare quanto più possibile in allenamento carichi psichicamente stressanti, simili a quelli che si producono in gara. A tale scopo la squadra o una sua parte definiscono un obiettivo realistico e, quindi, motivante che il gruppo cerca di raggiungere, ma che può anche fallire (numero di tiri in porta, numero delle azioni di attacco o di difesa concluse positivamente, ecc.). Alla fine dell'allenamento si analizza il risultato, per individuare le cause del successo o dell'insuccesso. L'efficacia dell' allenamento può essere gradualmente aumentata con sanzioni nel caso di insuccesso, come ad esempio, esercizi supplementari poco graditi (anche se utili) ai giocatori. Il vissuto di uno stato emotivo di eccitazionetensione - come afferma Bandura - è auspicabile per costruire un'aspettativa di competenza, perché confrontati ripetutamente con situazioni psichicamente stressanti in allenamento, i giocatori apprendono a autovalutarsi e a superare situazioni di pressione.

 

Si può parlare di rafforzamento dell'aspettativa collettiva di competenza, specie se il risultato pronosticato è stato raggiunto o superato, quando i giocatori riferiscono di un carico psichico prima e/o durante il compito, ma contemporaneamente affermano che sono riusciti a superare lo stress attraverso l'esercizio o il parallelo ricorso a strategie cognitive. Invece, se i giocatori riferiscono di avere incontrato difficoltà nell'affrontare il carico psichico e non riescono a svolgere il compito assegnato, ciò offre importanti punti d'approccio per ulteriori interventi psicologici, come ad esempio, l'allenamento mentale. L'allenamento di prognosi, dovrebbe essere applicato occasionalmente, ma sempre a distanza di più giorni, per evitare un effetto di assuefazione e la perdita del carattere di situazione competitiva stressante che si vuole ottenere.

 

Tratto da: SDS, Scuola dello Sport CONI, n. 71