Allenamento: lavoro di durata, intervallato, a circuiti

Di Antonio Urso





I sistemi di allenamento si dividono in due grandi parti: le sistematiche a prevalente impegno neuromuscolare e quelle a prevalente impegno organico. Queste ultime, a loro volta, si suddividono in tre sottogruppi principali: lavoro di durata, lavoro intervallato e lavoro sul ritmo.

In breve il lavoro di durata si prefigge lo scopo di creare un’efficiente capillarizzazione sanguigna, che permette di svolgere un efficace lavoro aerobico. In altre parole cerca di migliorare il rifornimento locale di ossigeno, e quindi massimizzarne l’assorbimento: aumento del V.O2max.
Un lavoro a ritmo blando e prolungato, con una bassa intensità, tale da non incorrere in acidosi, e quindi di poterlo protrarre a lungo, costituisce il miglior metodo. Un lavoro di questo genere deve rappresentare il primo passo per affrontare qualsiasi preparazione fisica.


Il lavoro intervallato (intervall training) si propone di aumentare l’efficienza cardio-circolatoria: esso si basa sul principio che il cuore svolge un’azione completa di massimo riempimento e massimo svuotamento delle sue cavità, quando batte ad un ritmo di 120-180 pulsazioni al minuto. Sinteticamente, quindi, si raggiunge un’intensità di lavoro che faccia arrivare a 180 battiti, si effettua una pausa attiva che li faccia scendere a 120, quindi si ripete il tutto un numero conveniente di volte, in modo da oscillare sempre tra questi due parametri.
Con questo tipo di allenamento le pareti del muscolo cardiaco si ipertrofizzano, potenziandone la gittata. Il lavoro frazionato distingue anche altre due metodiche: le corse sul ritmo intervallato, con pause che permettono i 2/3 del recupero, e le prove ripetute, con pause di completo recupero, ad un’intensità massimale. L’allenamento deve procedere sempre da un lavoro aerobico ad un lavoro anaerobico lattacido, ed infine, ad un lavoro anaerobico alattacido.
Le sistematiche a prevalente impegno neuromuscolare si suddividono in: allenamento alla massima velocità, e allenamento con sovraccarichi. Il primo gruppo comprende tutte quelle metodiche che consentono di sviluppare una grande velocità esecutiva del gesto atletico: quindi carico minimo, che non rallenti l’azione, miglioramento della coordinazione, lavoro anaerobico a grande impegno nervoso.


Le metodiche con sovraccarico si suddividono a loro volta, in: lavoro a carico minimo, medio, elevato, massimo, allenamento alla potenza, lavoro isometrico, lavoro pliometrico.
Il carico minimo corrisponde all’uso di quelle attrezzature di base che corredano qualunque palestra di tipo scolastico: palle zavorrate, manubri, estensori, ecc.; esse permettono di svolgere un lavoro di resistenza aerobica muscolare. Il ritmo esecutivo è piuttosto blando, le ripetizioni sono numerose, le pause tra le serie ridotte al minimo. Per questi motivi, a carico delle strutture legamentose e muscolari non vi è un effetto ipertrofico; con tutto ciò questo tipo di allenamento iniziale crea quel substrato muscolare resistente, che rappresenta un passo obbligato verso ulteriori fasi costruttive.
Il carico medio è ben rappresentato dalla metodica del circuit training, in versione originale. Lo scopo di questa metodica è di incrementare la forza e la potenza, perché dia luogo ad una maggiore resistenza muscolare ed organica. L’assenza di pause, tipica di questo allenamento, è volta proprio a creare nel muscolo un alto tasso di acidità per migliorare la capacità di neutralizzarla.

Il circuit training si compone di un certo numero di esercizi, circa una decina, eseguiti in successione, e senza nessuna pausa, per un determinato numero di ripetizioni, da 10 a 30, e più; il tutto va ripetuto ciclicamente per tre volte, cosicché la durata della seduta di allenamento varia dai 10 ai 30 minuti e più, a seconda che si voglia sviluppare maggiormente una resistenza orientata verso la potenza, la forza o la resistenza muscolare oppure organica.
La scelta degli esercizi deve essere fatta in base ai gruppi muscolari che si vogliono allenare, ed il carico è in funzione delle ripetizioni. Esso si aggira intorno al 50% delle massime capacità del soggetto. Come regola empirica si procede per tentativi, avendo come punto di riferimento i parametri su accennati, ripetizioni e durata totale, curando che alla fine dei tre circuiti eseguiti senza pause, la fatica muscolare abbia raggiunto un livello molto alto.


Nel procedere dell’allenamento, si dovrà realizzare quanto contenuto in questa regola: la stessa somma di lavoro nel più breve tempo; molto più lavoro nello stesso tempo. Ossia, dapprima velocizzare l’esecuzione degli esercizi, poi aumentare i carichi, se si è orientati sulla forza; aumentare le ripetizioni, se ci si orienta più sulla resistenza, o agire su ambedue i fattori.
I metodi di lavoro con carichi massimali e submassimali, usati prevalentemente per lo sviluppo della forza massimale, in sintesi prevedono l’uso di carichi fino al 95-100% del massimo; quindi pause di completo recupero (ca. 3 minuti) tra una serie e l’altra; ripetizioni ridotte (da 1 a 3).


Il power training si propone di allenare la potenza muscolare e si attiene ai seguenti principi:
• principio della ripetizione sistematica del lavoro;
• principio del lavoro con carichi progressivi;
• maggior lavoro nello stesso tempo;
• la stessa quantità di lavoro nel minor tempo.
Il power training contempla le seguenti fasi:
• scelta degli esercizi, del peso, delle ripetizioni;
• aumento del ritmo esecutivo;
• aumento delle ripetizioni;
• aumento del carico;
• aumento delle serie.
Le ripetizioni vanno da 6 a 12. Prima va aumentato il ritmo di esecuzione con 6 ripetizioni, e successivamente si aumentano fino a 12, dopodiché si incrementa il carico, ritornando alle 6 ripetizioni, e così via. 


Il lavoro isocinetico è quello che si compie in stato di tensione e senza movimento delle articolazioni. È molto utile per lo sviluppo rapido della forza muscolare senza l’ausilio di attrezzatura particolari.
Tra gli schemi più collaudati, si possono prendere in considerazione i seguenti parametri:
• una sola ripetizione per seduta e per ogni esercizio; impegno muscolare del 60- 70%, durata della tensione 12 secondi; intervallo tra i singoli esercizi 1 minuto;
• 3 ripetizioni per seduta e per esercizio; impegno muscolare del 90%; durata 6 secondi; intervallo 30 secondi.


È consigliabile lavorare su tre diverse angolazioni. Tre sedute settimanali di 15-20 minuti rappresentano una dose sufficiente a migliorare sensibilmente la forza in soli tre mesi di applicazione; in sei mesi la forza può raddoppiare (naturalmente in soggetti non allenati). Sono raccomandati pochi esercizi (8-10). Altro schema potrebbe essere il seguente: quattro settimane a 1/2-3/4 di sforzo; 8 esercizi: durata, da 3 a 8 secondi, partendo sempre, nell’uno e nell’altro caso, da 3-4 secondi per raggiungere i 12. 


Esiste anche una versione intermedia; un miscuglio dinamico-statico della metodica, che prevede dei movimenti lenti compiuti circa in 20 secondi, compreso il ritorno, con 10 secondi di riposo tra le ripetizioni, che variano da 5 a 10.
La pliometria sfrutta la contrazione eccentrica del muscolo, immediatamente seguita da una contrazione concentrica. Nelle sue forme più comunemente usate, si avvale per lo più di salti in basso seguiti da un rimbalzo. Da notare che l’altezza del salto da effettuare è una misura individuale e deve essere quella che permette di ottimizzare il rimbalzo.



Per saperne di più: Le basi dell'allenamento sportivo. Antonio Urso. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2014.