Yoga: conosciamo meglio le asana

Leslie Kaminoff





Un’asana, o posizione yoga, è un contenitore di esperienze. Un’asana non è un esercizio per rafforzare o allungare un particolare muscolo o un gruppo di muscoli, sebbene questo potrebbe essere l’effetto. È una struttura da noi abitata per un certo tempo, una forma da cui entriamo e usciamo, un posto dove potremmo scegliere di fermarci per una pausa durante il continuo flusso della vita. Nelle posizioni yoga troviamo la sezione trasversale di una progressione infinita
di movimento e respiro, che si prolunga nel tempo avanti e indietro all’infinito.
Ogni asana è una pratica di tutto il corpo in cui possiamo vedere come le cose emergono, come si prolungano nel tempo e come si dissolvono o si trasformano. Possiamo vedere come siamo influenzati dall’esperienza vissuta nell’arrivare ad una data posizione, nel mantenerla e nel terminarla, e come tutto questo può influire su altri aspetti della nostra vita nei quali sperimentiamo un cambiamento. Fintanto che rimarremo in tale contesto di spazio e tempo non saremo mai davvero fermi.
Anche se possiamo scegliere di focalizzarci su diversi aspetti di una posizione, l’asana in sé è una struttura composita formata da tutti i possibili punti focali e l’intera esperienza è maggiore della somma delle parti.

Posizioni di partenza e basi di appoggio
Nei primi anni di vita, un bambino impara i movimenti fondamentali: come usare le diverse basi di appoggio, come affrontare il rapporto con la gravità e come muoversi nello spazio. Per base d’appoggio s’intende la parte del corpo che è a contatto con il suolo e tramite cui le forze di sostegno vengono trasmesse al suolo generando in qualche modo energia all’interno del nostro corpo. Quando la base di appoggio cambia, cambia la percezione di noi stessi in rapporto con la gravità e lo spazio.
Sono i piedi, che sostengono gambe e bacino, ad essersi evoluti per assolvere a questo compito nell’adulto. Ciò che impariamo da questa posizione è applicabile a qualsiasi altra base d’appoggio. E questa probabilmente è la ragione per cui la maggior parte delle tradizioni yoga considerano le posizioni in piedi il punto di partenza di tutte le asana. Le posizioni descritte sono disposte in base alla loro posizione di partenza che è determinata dalla base d’appoggio.

Posizioni in piedi
Quando si sta in piedi tutto il peso del corpo poggia sull’unica struttura che l’uomo ha sviluppato a questo scopo: i piedi. L’architettura dei piedi, unitamente alla loro muscolatura, dimostra la capacità unica della natura di conciliare e neutralizzare forze opposte.
I piedi sono ultrasofisticati per l’uso che ne facciamo in un mondo civilizzato. Scarpe poco flessibili e superfici pavimentate hanno fatto diventare i nostri piedi passivi e inarticolati. Fortunatamente gli esercizi yoga si eseguono di solito a piedi nudi, concentrandosi sul recupero della forza e della flessibilità del piede e dei muscoli della gamba.
Nella pratica yoga le prime lezioni spesso sono incentrate sulla semplice abilità di stare in piedi in posizione eretta, attività che viene svolta dall’età di un anno. Se riusciamo a sentire il peso che si distribuisce sui tre punti di contatto del piede con il suolo, potremo anche avvertire il sostegno che il suolo ci restituisce attraverso i tre archi del piede e i relativi muscoli.
Rilasciare e sostenere, dare e ricevere, inspirare ed espirare: questi sono tutti modi di trasferire concetti quali sthira sukham asanam, descrizione fondamentale di Patañjali dell’asana dello Yoga Sutra. La traduzione di T.K.V. Desikachar riassume bene il concetto quando definisce sthira con “attenzione senza tensione” e sukha con “rilassamento senza immobilità”. Gli insegnamenti fondamentali che traiamo dalle posizioni in piedi possono chiarire anche l’esecuzione delle altre asana.
Le posizioni in piedi hanno il centro di gravità più alto rispetto a tutte le posizioni di partenza; il tentativo di stabilizzare questo centro rende le posizioni in piedi, per definizione, brhmana (brh significa aumentare o espandere, implica calore, espansione e sviluppo di forza e potenza unitamente alla capacità di resistere allo stress. Il concetto di brhmana è anche associato a inspirazione, nutrimento, prana e regione toracica).

Posizioni sedute
Nelle civiltà industrializzate la gente trascorre la maggior parte del tempo seduta (o buttata su un divano). Ciò che le scarpe rappresentano per i nostri piedi può essere paragonato a quello che sedie, sedili e poltrone rappresentano per il nostro bacino e la nostra colonna vertebrale.
Nello yoga, come si crea una nuova relazione tra piede nudo e suola nelle asana in piedi, così anche nelle posizioni sedute si crea una nuova relazione tra le anche, il bacino, la parte bassa della colonna e la terra, quando sono queste a sostenere il peso.
Se praticati con la dovuta attenzione per l’anatomia delle articolazioni, dei muscoli e dei tessuti interessati, questi esercizi contribuiscono a ripristinare parte della flessibilità naturale che da bambini ci permetteva di giocare a terra per ore senza stancarci.
Oltre al recupero della funzione naturale del bacino e della parte inferiore della colonna, le posizioni sedute dello yoga sono associate ad un tipo di pratica più avanzata. Il termine asana può essere tradotto letteralmente con “posizione seduta” e, da un certo punto di vista, tutte le asana possono essere considerate un modo sistematico per liberare la colonna, gli arti e il respiro in maniera da poter trascorrere seduti periodi di tempo prolungati. Assumendo
queste posizioni, che sono le più stabili, non si è distratti dalla gravità né dall’equilibrio e tutta l’energia può essere dedicata al lavoro contemplativo della meditazione.

Posizioni in ginocchio
Quando ci inginocchiamo, il peso del corpo tende a cadere sulle ginocchia, sulle tibie e sulla sommità dei piedi. Ciò comporta uno spostamento del centro di gravità più vicino al suolo rispetto a quando siamo in piedi, ma più lontano rispetto a quando siamo seduti. L’inginocchiarsi,  che comprende sia inginocchiarsi seduti che inginocchiarsi con il busto eretto, è una importante posizione di passaggio quando i bambini imparano a mettersi in piedi da seduti.
Questa posizione è associata all’atto di umiliarsi, inteso come sottomissione o adorazione. Ciò deriva dal fatto che in ginocchio si è più vulnerabili di quando si sta in piedi, specialmente se la testa è chinata. Persino re e faraoni, resi superbi dalla loro postura particolarmente eretta, sembrano addolcirsi in quei numerosi dipinti che li ritraggono invece in atteggiamento dimesso di adorazione. È anche una posizione di allerta rilassata, associata alla forza e alla prontezza, come si vede nelle posizioni di vajrasana e di virasana. Nelle arti marziali, la posizione in ginocchio è usata come posizione preparatoria dalla quale è possibile alzarsi più rapidamente che dalla posizione di gambe incrociate e nell’aikido ci si allena per eseguire lanci da questa posizione. Nello yoga, le posizioni in ginocchio sono spesso usate per facilitare la mobilizzazione delle articolazioni delle anche. Quando la mobilità dei piedi e delle gambe è tolta dalla base di appoggio, l’attenzione si può concentrare sulle azioni nell’articolazione dell’anca, nel bacino e nel pavimento pelvico. L’inginocchiamento fornisce anche una base stabile e simmetrica da cui il centro di gravità può elevarsi a tal punto da consentire il massimo allungamento della colonna.

Posizioni supine
Stare supini significa giacere sul dorso col viso rivolto all’insù. La posizione opposta è quella prona, ovvero con la faccia in giù. In effetti, la supinazione vuol dire rivolgere mani, piedi e gambe verso l’alto, mentre con la pronazione questi sono rivolti verso il basso. Entrambi i termini derivano dal latino: supinus significa piegarsi all’indietro e pronus piegarsi in avanti. L’aspetto curioso è che il loro significato è il contrario dei movimenti usuali che è possibile eseguire partendo da ciascuna di queste posizioni. Da una posizione supina, è possibile la flessione della colonna e degli arti per muovere il corpo nello spazio; mentre da una posizione prona, è possibile l’estensione
della colonna e degli arti. Eseguire queste posizioni partendo da una posizione supina in genere impegna la muscolatura anteriore del corpo ed è per questo motivo che molti esercizi di rinforzo degli addominali iniziano in questa posizione. Così come tadasana (posizione della montaglia) è la quintessenza delle posizioni in piedi, savasana (posizione del cadavere) lo è per quelle supine. In savasana, la superficie posteriore del corpo è quasi completamente a contatto con il suolo; non vi è possibilità di cadere e pertanto i muscoli posturali sono completamente rilassati.
Savasana ha il più basso centro di gravità e rappresenta il punto di partenza, nonché conclusivo, di tutte le posizioni supine. Poiché non è richiesto alcuno sforzo per stabilizzare il corpo quando è supino, tutte le posizioni che ne derivano sono principalmente langhana (espirazione, eliminazione), che diventa più brhmana (inspirazione) man mano che il centro di gravità si alza.

Posizioni prone
Stare in posizione prona significa assumere una posizione distesa a faccia in giù. È una posizione che tutti siamo capaci di mantenere alla nascita, ma che da adulti troviamo spesso scomoda. Talvolta la sensazione di fastidio è conseguenza di un movimento limitato nel collo e nella parte superiore della schiena che rende difficile girare la testa di lato. Questa posizione può anche dare una sensazione di soffocamento poiché il movimento dell’addome è impedito dal peso del corpo mentre la parte posteriore di quest’ultimo deve essere ancora più mobile per respirare agevolmente.
Per alcune persone questa posizione ha una connotazione di sottomissione anche superiore a quella in ginocchio. In molte tradizioni religiose assumere la posizione prona vuol dire prostrarsi completamente. Altre persone si sentono più sicure in questa posizione rispetto a quando sono supini, poiché la parte anteriore del corpo, che è più vulnerabile, e gli organi risultano più protetti. Dalla posizione prona, il movimento più facile è l’estensione della colonna e degli arti per il quale si utilizza la muscolatura posteriore del corpo. Per questo motivo molti esercizi di rafforzamento della schiena iniziano in questa posizione. Benché da qui il baricentro sia vicino al pavimento, le posizioni
che partono da questa posizione sono soprattutto di brhmana a causa dello sforzo necessario per sollevare il corpo dal suolo.

Posizioni sulle braccia
Nonostante le loro ovvie somiglianze, le estremità superiori e inferiori del corpo umano si sono sviluppate per assolvere specifiche funzioni. Le strutture del piede, del ginocchio, dell’anca e del bacino assolvono essenzialmente a una funzione di sostegno e di locomozione.
Le strutture della mano, del gomito e del cingolo scapolare, che presentano una notevole mobilità, hanno sviluppato principalmente le funzioni di allungamento e prensione e sono meno adatte a sostenere il carico. Infatti se si confronta la proporzione delle strutture della mano con quelle del piede, si può chiaramente notare il rapporto inverso tra le varie articolazioni e le strutture preposte al sostegno del peso.
Nel piede, le spesse e pesanti ossa tarsali costituiscono circa la metà della sua lunghezza; considerando anche la funzione di sostegno svolta dai metatarsi, si può affermare che il peso grava sui quattro quinti dell’intera struttura. Le falangi (ossa delle dita dei piedi) costituiscono invece soltanto un quinto della lunghezza complessiva del piede.
Queste proporzioni sono completamente diverse nella mano, la cui lunghezza è costituita per metà dalle falangi (ossa delle dita delle mani), estremamente mobili. Anche i metacarpi sono molto flessibili (rispetto ai metatarsi), ma i carpi (ossa del polso) relativamente poco mobili costituiscono solo un quinto dell’intera lunghezza della mano. Se ne deduce che, pur impiegando i metacarpi per sostenersi sulle braccia, il peso andrà a gravare soltanto sulla metà della
lunghezza della mano.
Quando si eseguono posizioni in cui gli arti superiori svolgono la funzione di sostegno, si deve tenere conto della presenza di uno svantaggio di tipo strutturale, al quale occorrerà rivolgere particolare attenzione al momento della preparazione e dell’esecuzione delle suddette posizioni.
D’altro canto, tuttavia, imparare a sostenersi sulle mani e sugli arti superiori è un ottimo modo per porre rimedio allo stress al quale quotidianamente sottoponiamo mani, braccia, spalle e dorso stando seduti di fronte al computer.

Guarda qualche asana

Per saperne di più: Yoga anatomy, Leslie Kaminoff. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2015.