Strategie nutrizionali per atleti vegetariani e vegani
Di Francesca Bicocca, Matteo Vandoni

Evitare il bilancio energetico negativo
Avendo un dispendio energetico più elevato rispetto alla popolazione generale, a volte può risultare difficile coprire i fabbisogni energetici negli atleti vegetariani/vegani. In alcuni sport, come nello sci-alpinismo, possono essere raggiunti dispendi energetici che vanno dalle 2627 alle 6210 kcal o addirittura superare le 10000 kcal negli Ironman.
Quando la spesa energetica è superiore alle “entrate” si ha un bilancio energetico negativo. Questa condizione nell’atleta causa, oltre alla perdita di peso, la riduzione della massa magra o muscolare determinando un peggioramento delle prestazioni.
In queste situazioni bisogna:
• Prediligere alimenti vegetali ad elevata densità energetica e nutrizionale, ovvero alimenti che contengano allo stesso tempo un buon quantitativo di calorie e di nutrienti quali vitamine e minerali. Ne sono un esempio i cereali e i legumi, ricchi di carboidrati complessi e quindi energetici. Anche la frutta secca e gli olii possono apportare abbondanti quantità di energia sotto forma di grassi vegetali e fornendo acidi grassi essenziali, senza aumentare il volume dei pasti. Frutta e verdura sono invece alimenti a bassa densità energetica e ad elevato contenuto di acqua e fibre, composizione che determina una maggiore e precoce sazietà. Tuttavia sono alimenti che, per le numerose proprietà vitaminico- minerali e antiossidanti, devono essere consumati ogni giorno in quantità adeguate (almeno 7 porzioni al giorno nella VegPyramid).
• Frammentare l’alimentazione in più pasti giornalieri, per non sovraccaricare l’apparato digerente favorendo sintomi spiacevoli quali nausea, vomito, stanchezza muscolare, diarrea a ridosso delle sedute di allenamento o delle gare. È consigliato non fare mai pasti troppo abbondanti, ma inserire tra i pasti principali (colazione, pranzo e cena) degli spuntini.
Evitare di incorrere in carenze nutrizionali a cui si è maggiormente esposti
Come abbiamo visto, nell’atleta aumentano i fabbisogni di ferro. È perciò importante non solo che gli atleti sappiano riconoscere gli alimenti ricchi di ferro ma anche i fattori che ne alterano l’assorbimento. Le miglior fonti di ferro in una dieta vegetariana sono rappresentate da: cereali integrali, legumi, prodotti a base di soia (tofu, tempeh, hamburger a base di soia, ecc.), germogli, germe di grano, frutta secca, semi oleaginosi e vegetali a foglia verde consumati con abbondante vitamina C. Il ferro contenuto in questi alimenti può essere alterato dalla concomitanza nel pasto di calcio derivato dai latticini e derivati e dai tannini presenti in tè, caffè e alcune tisane, che per tali ragioni andrebbero consumati con moderazione e lontano dai pasti ricchi di ferro.
Prevenire la disidratazione
La disidratazione è una condizione che si verifica quando si ha una perdita di liquidi non supportata da un adeguato reintegro e si instaura un bilancio idrico negativo. Per chi pratica esercizio fisico, prevenire tale condizione è una prerogativa dell’allenamento, poiché il rischio di incorrere in una disidratazione grave è molto più elevato rispetto ai soggetti sedentari. Nello specifico quando questa perdita è pari o superiore al 2% del peso corporeo iniziano a
verificarsi sintomi spiacevoli quali affaticamento precoce, giramenti di testa, crampi muscolari. Non solo la performance ne risulta compromessa, bensì lo stato di benessere e i benefici indotti dall’allenamento.
L’indicazione è di bere nelle 4 ore precedenti la sessione di allenamento almeno 400-660 ml di acqua, durante a seconda della sudorazione, e al termine valutando la necessità di utilizzare bevande contenenti anche sodio (quando l’attività è molto intensa e/o prolungata). In condizioni climatiche particolari (forte caldo e umidità) e ad altitudini elevate l’attenzione deve essere massima, poiché le richieste di liquidi aumentano ma senza essere necessariamente accompagnate da una accresciuta sensazione di sete, amplificando il rischio di disidratazione.
Considerare un aggiustamento dell’apporto proteico giornaliero
Non in tutte le attività sportive e per ogni soggetto che pratica esercizio fisico programmato o regolare risulta necessario aumentare l’apporto di proteine derivate dalla dieta. I soggetti che praticano attività fisica regolare 3-4 volte a settimana per una durata di massimo 60 minuti, a meno che non si tratti di attività di forza (come il sollevamento pesi) possono attenersi alle raccomandazioni per la popolazione, ovvero 0,8 g/kg di peso corporeo. È importante non scendere nemmeno al di sotto di tale quota, altrimenti gli adattamenti indotti dall’esercizio fisico non verrebbero supportati a discapito della sintesi proteica e quindi della massa muscolare e della composizione corporea.
Per attività di endurance o resistenza l’apporto varia tra 1,2-1,4 g/kg di peso corporeo, ma sicuramente il fabbisogno si riduce quando la frequenza degli allenamenti è inferiore a 3 volte a settimana.
Per attività di forza l’apporto varia tra 1,4-1,7 g/kg di peso corporeo fino ad un massimo di 2 g/kg negli atleti o in chi pratica sollevamento pesi quotidianamente, anche più di 1 volta al giorno. Come si può notare, è difficile definire degli standard per tutti, poiché il fabbisogno proteico varia sicuramente a seconda della tipologia di attività, ma in particolare a seconda dell’intensità, della frequenza delle sedute di allenamento e del catabolismo proteico specifico di ognuno. Tuttavia, superare i 2 g/kg di peso corporeo al giorno è dimostrato non avere alcun effetto anabolico ulteriore, bensì dei risvolti negativi a carico di reni e fegato e probabilmente dell’osso.
Individualizzare i pasti nell’arco della giornata
La pratica di esercizio fisico regolare richiede la programmazione dei pasti durante la giornata, poiché non è solo la qualità e quantità degli alimenti introdotti che influenza l’esito dell’allenamento o della performance, bensì la tempistica con cui vengono assunti. Districarsi tra impegni scolastici, lavorativi o di altro genere non è certo semplice, per cui organizzare la propria giornata alimentare può sicuramente giovare ed ottimizzare gli effetti dell’esercizio fisico a lungo termine.
Il pasto pre-esercizio è il più importante, poiché è finalizzato a fornire l’energia necessaria per effettuare lo sforzo fisico, creando un primo fondamentale presupposto per una performance ottimale. Approcciarsi all’allenamento senza un pasto precedente coerente significa mettere a dura prova l’organismo, che dovrà trovare vie alternative per produrre energia. Dal punto di vista nutrizionale, il pasto precedente l’attività fisica sarà più abbondante e ricco di fibre quando distante almeno 3-4 ore, mentre più piccolo di volume ed energia e povero di fibre e grassi nell’ora precedente.
Durante l’esercizio fisico potrà rendersi necessaria un’integrazione glucidica di circa 30-60 g/ora, ma solo in specifiche condizioni di allenamento (frequenza ed intensità elevata, durata superiore a 60-90 minuti).
Dopo esercizio fisico, più immediata è l’introduzione di alimenti principalmente costituiti di carboidrati maggiore sarà la ricostruzione delle riserve energetiche muscolari. Si consigliano nel pasto successivo un modesto apporto di proteine e un buon quantitativo di carboidrati di rapido assorbimento (es. la frutta o il latte) o ad alto indice glicemico (es. patate, riso), oltre ad elevate quantità di verdura e frutta che apportano vitamine, minerali e sostanze
antiossidanti.
Per saperne di più: Alimentazione vegetariana e vegana per sportivi. Di Francesca Bicocca, Matteo Vandoni. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2015.