Fattori di rischio dei disturbi alimentari
Di Francesco Riccardo
I disturbi del comportamento alimentare colpiscono in modo particolare bambini, adolescenti e giovani adulti, con frequenza sempre in aumento sia nei paesi occidentali che nel resto del mondo.
Prima di descrivere più in dettaglio quali possono essere i fattori coinvolti nella genesi dei disturbi alimentari è necessario accennare cosa sia un fattore di rischio.
Per fattore di rischio si intende un fattore (genetico, familiare, sociale, ambientale, culturale, psicologico) in grado di aumentare la probabilità (rischio) che un determinato evento-malattia si verifichi.
I disturbi alimentari si sviluppano spesso in modo insidioso e le fasi iniziali passano quasi sempre inosservate, perché sono molte e molto diverse tra loro le cause che concorrono alla comparsa dei diversi sintomi ed alla loro cronicizzazione o evoluzione nel tempo. I sintomi ed i segni di un disturbo alimentare difficilmente arrivano tutti insieme e in modo brusco; spesso nel ripercorrere la storia del paziente se ne individuano i semi anche molti anni prima dell’esordio, in particolari caratteristiche di personalità, e talvolta questi semi sono intergenerazionali, vengono “tramandati” nelle famiglie in modo casuale e ovviamente inconsapevole, per poi esitare in un disturbo vero e proprio dopo due o tre generazioni.
La famiglia, essendo il nucleo primario di sviluppo dell’individuo, ha un ruolo importante nel creare l’ambiente in cui il disagio avvertito dal ragazzo può essere accolto, gestito e affrontato o, in caso contrario, negato, respinto e trascurato. I motivi per cui le famiglie tendono a comportarsi in modi così diversi di fronte al disagio si devono ricercare nella storia familiare, nei ruoli dei diversi membri della famiglia e nelle sofferenze che ciascun individuo in quanto tale affronta nel suo percorso di vita e dunque anche in questo caso è inopportuno generalizzare e trarre conclusioni affrettate. L’importanza della famiglia nel condizionare lo sviluppo di un disturbo alimentare è un punto di partenza fondamentale per aiutare tutto il nucleo familiare a superare un momento di crisi “corale”, che si manifesta attraverso i sintomi di un membro (paziente designato) ma che riguarda proprio tutti; i familiari non sono colpevoli da punire, ma diventano importanti alleati nel processo di cambiamento, ed essi stessi, attraverso il loro cambiamento, possono contribuire in molti casi a modificare l’esito della malattia.
Quando si parla di fattori di rischio, si fa riferimento a vari ambiti. L’ambiente socioculturale influenza convinzioni e comportamenti anche e soprattutto nei bambini e negli adolescenti, assumendo un ruolo importante per lo sviluppo di disturbi del comportamento alimentare, sovrappeso ed obesità. In particolare sembra che i continui richiami alla magrezza, la denigrazione del sovrappeso e obesità, l’attenzione sproporzionata all’apparenza e l’enorme disponibilità di cibo, svilito e spodestato dal suo ruolo principale di nutrimento, siano un terreno fertile per l’esordio di sintomi alimentari anche in assenza di un disturbo alimentare vero e proprio.
Il bombardamento culturale indirizza l’espressione del disagio giovanile localizzandolo nel corpo e, soprattutto nella sua apparenza. Sul mercato sono oggi facilmente reperibili un gran numero di riviste per adolescenti e giovani adulti che pubblicano in ogni numero decine di pagine dedicate ad aspetto e forma fisica. In esse sono presenti consigli su come effettuare una dieta dimagrante o su cosa fare per migliorare la propria immagine. Inoltre, se classicamente il settore era indirizzato
ad un pubblico femminile, da qualche anno gli editori si rivolgono con riviste specifiche anche agli uomini, diffondendo la cultura del fitness, della dieta, della perdita di peso a tutti i costi usando richiami culturali più maschili, come la necessità di avere un corpo muscoloso e forte.
L’ambiente familiare rappresenta il nucleo intimo nel quale convinzioni e comportamenti vengono discussi, accettati e proposti come modello, sia in modo diretto che attraverso l’uso di messaggi non verbali; le figure genitoriali determinano il contesto in cui il bambino cresce e si sviluppa e assumono un ruolo importante nell’adozione di convinzioni e comportamenti a rischio per lo sviluppo di un alterato rapporto con il cibo, rappresentando al tempo stesso un elemento chiave per la prevenzione e per il trattamento. Considerevoli evidenze suggeriscono che le abitudini alimentari di bambini e adolescenti si strutturano in base alle modalità di accudimento nutrizionale dei genitori stessi. Per molti anni un alterato rapporto genitori-figli è stato proposto come causa dei DCA, attribuendo una gran parte della responsabilità soprattutto alle madri. Questa ipotesi, che ha provocato sensi di colpa in svariate generazioni di madri, si è poi rivelata solo parzialmente veritiera, dato che oggi numerosi studi dimostrano che l’origine dei DCA è multifattoriale, tra i quali la comunicazione intrafamiliare assume certamente un ruolo rilevante, ma non esclusivo. Alcune ricerche svolte presso il Maudsley Hospital sostengono l’importanza della famiglia nel creare un ambiente che faciliti il cambiamento del figlio/a. I genitori rappresentano il primo veicolo per traghettare i figli dalla famiglia al contesto sociale allargato, e per fare ciò, c’è bisogno di un continuo adattamento, in termini comunicativi ed emozionali, al fine di negoziare regole, miti familiari. Ciò aiuterà il figlio a quel cambiamento, tipico dell’adolescenza, che avrà sempre più una spinta centrifuga, in direzione della differenziazione-individuazione, verso la costruzione della sua identità, senza rimanere intrappolato nelle richieste inconsce familiari che potrebbero portare alla
genesi di disturbi alimentari, anche se non franchi.
Presenza di idee errate e dannose nei riguardi del peso e delle forme corporee, spesso patrimonio della cultura del ragazzo/a, sia familiare che sociale. Il raggiungere ed il mantenere un peso ai limiti della norma, o francamente inferiore, è una sorta di imperativo culturale, molto ben radicato nelle società occidentali perché legato da tempo all’immagine del benessere e della piena realizzazione personale. I soggetti più esposti a questo tipo di richiamo sono donne giovani o giovanissime (14-18 anni) con una bassa opinione di sé e spesso insicure, che vedono nel raggiungimento di un basso peso e di una più accettabile forma fisica la soluzione degli insuccessi e dei disagi della loro vita.
Chi sviluppa un disturbo alimentare dunque non è spinto esclusivamente da motivazioni socioculturali, ma nasconde spesso sottostanti profondi fattori psicologici di disagio. I fattori sociali comunque rinforzano sempre il mantenimento del disturbo ponendosi come fattori di rischio per la sua cronicizzazione.
L’adolescenza. Il continuo confronto con i mezzi di comunicazione sembra esasperare l’abituale tendenza degli adolescenti ad adattarsi ai cambiamenti corporei attraverso altri cambiamenti, quali l’abbigliamento, il tipo di pettinatura, la scelta di orecchini o piercing etc. Un ruolo importante è dato anche dal desiderio di identificarsi con i propri coetanei, per cui si sviluppa la tendenza a emularne i comportamenti, nel tentativo di trovare in loro le risposte a quella sicurezza che non trovano in sé stessi, non avendo ancora una personalità strutturata in modo stabile. Dal momento che i modelli estetici ideali sono anche patrimonio culturale delle famiglie, i bambini li riconoscono primariamente attraverso i genitori o i fratelli maggiori e facilmente finiscono per considerarli un normale modello di riferimento.
Dieta dimagrante. Il disturbo alimentare esordisce quasi sempre dopo una dieta dimagrante intrapresa da un soggetto normopeso o con sovrappeso modesto.
Distorsione dell’immagine corporea.
Attività fisica e comportamento alimentare. Molti studi hanno riscontrato uno stretto legame tra attività sportiva e DCA. Un esagerato aumento dell’attività fisica superiore alle normali abitudini ed alle reali necessità deve essere considerato sospetto di DCA, specialmente quando occupa la maggior parte del tempo disponibile, e rappresenta l’unico interesse perseguito con insistenza dal soggetto. Infatti in un discreto numero di soggetti l’esercizio fisico eccessivo solitamente precede altri segni di DCA ed è spesso strettamente legato a una dieta rigida, per cui l’attività fisica tende ad aumentare, mentre invece diminuiscono l’assunzione di cibo ed il peso. L’attenzione per il peso e la forma in certe discipline sportive è quasi sovrapponibile a quello dei pazienti affetti da DCA, con utilizzo di diete rigorose (spesso sbilanciate dal punto di vista nutrizionale) e di ferrea attività fisica allo scopo di mantenere il peso nei limiti stabiliti. Per questi sportivi, il rischio di sviluppare un DCA è legato alla forte pressione dell’ambiente in cui viene praticato lo sport e al desiderio di migliorare continuamente la propria performance e il proprio stato di preparazione fisica. Una precisazione importante va fatta in merito allo sport amatoriale e quello professionistico. I professionisti che praticano sport soggetti a categorie di peso e conseguentemente a diete spesso eccessivamente restrittive, hanno come obiettivo la prestazione sportiva in una competizione; gli atleti amatoriali, soprattutto quelli dediti al fitness, in genere cercano anche loro la performance sportiva ma non in un contesto di gara regolamentato. Ciò può spingerli alla ricerca della “forma fisica” come in una corsa senza freni, dove ci sono parametri di riferimento, molto discutibili, stabiliti soggettivamente dai vari esperti del settore o dall’atleta stesso. E questa rappresenta una sostanziale differenza in cui gli aspetti motivazionali sono profondamente diversi. L’eccessivo allenamento, combinato con cattive abitudini alimentari e spesso anche con condotte compensatorie (vomito, diuretici, farmaci anoressizzanti,) unito alla crescente diffusione dell’attività sportiva può avere gravi ripercussioni sulla salute dei ragazzi.
Infine, soltanto un accenno a quei fattori di rischio che fanno parte della storia del soggetto e sono scarsamente modificabili (se non attraverso un intervento psicoterapeutico): la presenza di lutti o eventi di perdita nella famiglia, anche in epoche molto remote, eventi di vita gravi come maltrattamento e abusi/violenza sessuale, o traumi infantili legati ad un cattivo inserimento sociale (ripetute prese in giro dei coetanei e degli adulti sul peso e l’aspetto fisico, isolamento dagli altri, etc). Alcuni tratti di personalità come la rigidità, il perfezionismo (personalità ossessiva), possono rappresentare il terreno fertile su cui si impianta un DCA.
Per saperne di più: L'inganno della perfezione corporea: compendio di psicologia per personal trainer. F.Riccardo. Perugia: Calzetti & Mariucci. 2012.