Calcio a 5 come sport di situazione

A. Sabalino, G. Asquini, A. Barile






Le dinamiche all’interno della competizione di un gioco sportivo non seguono una logica sequenziale, ma si presentano in maniera non lineare, modificandosi ad ogni istante. Ciò comporta che qualsiasi evento accada durante il processo, avrà delle implicazioni negli eventi che seguiranno e potrà alterarne completamente la logica e il risultato del processo stesso. Di fatto il gioco rivela una profonda dipendenza da ciò che succede in ogni istante. L’aleatorietà e l’imprevedibilità di questi sistemi mostrano un modello di azione consistente all’interno di un caos costante.
Agli sport di situazione appartengono tutte le specialità, come il calcio a 5, caratterizzate dalla mutevolezza delle situazioni nel contesto della gara. L’abilità richiesta all’individuo o al collettivo è la capacità di adattarsi istantaneamente agli eventi, andando a produrre risposte efficaci e adeguate a risolvere quel tipo di situazione.
Quindi, gli antagonisti agiscono e si comportano per rendere il contesto il più incerto possibile, al fine di mettere in difficoltà la capacità di reazione dell’avversario. Il confronto consiste nell’acquisizione di una superiorità che esprima valenze psico-fisiche e abilità motorie superiori a quelle dell’avversario. Un esempio dell’incertezza e della ricerca di prevalere sull’avversario tipica del calcio a 5 sono le palle inattive in cui, chi è in possesso della palla, attua comportamenti fisici (contromovimenti, blocchi) e cognitivi (presa di decisione, valutazione tempo e spazio) al fine di ottenere un vantaggio sull’oppositore. Da quanto fin qui esposto si può affermare che il movimento presenta delle componenti che sono di tipo cognitivo, coordinativo e condizionale. Dove prevale prettamente la componente condizionale, si manifestano attività motorie specializzate in cui prevale l’atleta più forte, veloce, resistente.



Nelle attività dove, invece, prevalgono le componenti cognitive, coordinative e condizionali, le prestazioni sono la sommatoria di un elevato grado di integrazione tra tutte le componenti. Gli aspetti neuro-psichici, in pratica l’attività del cervello e del sistema nervoso, caratterizzano i vari tipi d’azioni motorie inserite e considerate nel loro contesto. Questa classificazione permette di individuare le due modalità di funzionamento, e quindi di operare, del sistema cognitivo: l’una in presenza di un ambiente stabile e costante, nella quale eseguire movimenti precedentemente interiorizzati ed automatizzati con precisione, l’altra in presenza di una elevata variabilità situazionale, determinata o dalla variabilità dell’ambiente esterno o dal comportamento motorio dell’avversario, che richiede risposte motorie adeguate in tempi brevissimi.



Quindi le specialità motorie si possono distinguere in:
Closed skills performance
Open skills performance
Il primo gruppo caratterizzato da abilità chiuse, ovvero le closed skills, è presente negli sport di tipo compositorio, o di significato qualitativo, in cui l’ambiente esterno è stabile, dato che non sono presenti grandezze di disturbo di tipo antagonistico e dove l’atleta esprime le sequenze motorie che ha memorizzato. Si può allora affermare che nelle closed skills, quanto più è stabile la tecnica, e quindi dettagliato e preciso il programma motorio, anche nella sua
integrazione con la componente condizionale, tanto maggiori sono le possibilità che l’atleta produca una prestazione ottimale. In sostanza, dalla memoria a lungo termine viene estratto il programma d’azione che viene poi eseguito e controllato tramite il feed-back esterocettivo e in particolare quello propriocettivo. Dal punto di vista funzionale si tratta prevalentemente di attività psico-motorie. L’abilità dell’atleta dipende dunque dalla qualità delle mappe rigide presenti nella memoria, quindi prevale l’attività ideomotoria.



Il secondo gruppo di attività motorie caratterizzate da abilità aperte, ovvero le open skills, si esprimono in situazioni di variabilità continue, quindi diventa di fondamentale importanza per l’atleta reagire in modo tempestivo e adeguato alla mutevolezza delle situazioni. Nel calcio a 5, queste abilità consistono nel riuscire ad individuare continuamente i dati da utilizzare per le elaborazioni necessarie a produrre atti motori efficaci e tempestivi.
Dal punto di vista funzionale si tratta di attività neuro-psico-motorie.
È evidente che il movimento dell’avversario deve essere percepito in termini spazio-temporali e gli deve essere attribuito un significato corretto al fine di attivare una risposta efficace. Le tecniche devono quindi essere disponibili in modo elastico per poter essere definite nei loro parametri esecutivi, specie alla presenza di grandezze di disturbo inattese (avversari): nelle open skills, infatti, prevale l’attività senso-motoria. Va rilevato che l’attività neuro-psichica precede e finalizza l’atto motorio, continua durante la fase esecutiva organizzando e controllando il movimento, formando un insieme complesso di attività invisibile e di attività motoria o biomeccanica visibile.
Infatti, in seguito a uno stimolo e prima che il movimento di risposta appaia, viene svolta in un tempo minimo (150 – 120 millisecondi) tutta una serie di operazioni di tipo cognitivo che hanno come obiettivo trovare l’atto motorio adeguato per risolvere il problema situazionale.
L’obiettivo dell’allenamento nel futsal è quello di produrre un insieme integrato di valenze, costituito da abilità di tipo cognitivo e da capacità di tipo coordinativo e condizionale, che siano disponibili al momento della prestazione.


Oggi, è importantissimo aumentare le abilità tecniche dei calciatori, adeguando metodi e attività d’allenamento alle nuove richieste del gioco. Da quanto detto sembra proprio che il “muscolo principale” da allenare per migliorare la prestazione sia il cervello.


Quindi, il metodo si fonda sulle teorie d’apprendimento. Alcune di loro lo concepiscono come un processo meccanico senza l’intervento da parte della coscienza, ma attraverso le ricerche scientifiche sulla neurofisiologia, le più recenti correnti pedagogiche ritengono che una delle teorie più accreditate sia quella dell’apprendimento secondario o intelligente. Essa presuppone la cosiddetta “ messa in situazione “ e si suddivide in tre fasi:
1) la prima fase, esplorativa o dell’esperienza, serve a comprendere la situazione; in essa il giocatore verifica praticamente il problema per costituire le associazioni tra le informazioni e le esperienze precedenti.
2) Nella seconda fase, dissociativo-percettiva o della razionalizzazione dell’esperienza, il soggetto ha chiara la coscienza dello scopo da raggiungere e programma in modo preciso le azioni muscolari da compiere.
3) La terza fase è quella di stabilizzazione o globalizzazione dell’esperienza; in essa si collocano le ripetizioni della situazione al fine di automatizzare tutte le azioni.


Per saperne di più: A. Sabalino, G. Asquini, A. Barile. Alleniamo la situazione. Perugia: Calzetti & Mariucci, 2015